Non c’è nulla di sbagliato nei nostri pensieri egocentrici salvo che, identificandoci con essi, la nostra visione della realtà è bloccata. Come comportarci allora con i pensieri? Li etichettiamo. Siate molto accurati nel lavoro; non basta l’etichetta ‘pensiero, pensiero’ o ‘preoccupazione, preoccupazione’. Notate ad esempio: ‘Pensiero: lui è un tiranno, ‘Pensiero: lei è ingiusta’, ‘Pensiero: non faccio mai niente che va bene’. Siate precisi. Se i pensieri precipitano a tale velocità che è discernibile solo la loro confusione, allora etichettate la perturbazione come: ‘Confusione’. Persistendo nella ricerca di un pensiero preciso, prima o poi lo troverete.
Da: Charlotte Joko Beck, “Zen quotidiano“, Astrolabio Ubaldini, 1991.
CI SONO 2 MODI PER OSSERVARE I PENSIERI
Il primo, ci insegna a riconoscere il contenuto dei nostri pensieri.
IL secondo, ci insegna a riuscire a scioglierci dai loro intricati legami.
Esaminando il flusso dei pensieri con la consapevolezza incontriamo la nostra colonna sonora interiore: man mano che scorre, diventiamo di volta in volta l’eroe, la vittima, la principessa o il lebbroso. Nella nostra testa c’è un’intera sezione dedicata all’arte drammatica, e il direttore del casting assegna indiscriminatamente i ruoli: dittatore interiore, giudice, avventuriero e figliol prodigo — legittimazioni e declassamenti. Seduti in un corso di meditazione siamo costretti a riconoscerli tutti. Come scrive Anne Lamott, « la mia mente è come un quartiere malfamato: cerco di non andarci da sola ».
Da Jack Kornfield, il Cuore Saggio