L’uomo non può passare la porta se non nella conoscenza che, ancora una volta, non è intellettuale ma esperienza vissuta. Lasciare il primo piano dell’esistenza per entrare nell’essere, passare la porta stretta che le tradizioni chiamano “porta degli uomini”, vuol dire lasciare l’ignoranza intellettuale per vivere.
Chi può rappresentare questa porta?
Ce lo dice la storia ben nota de “La bella addormentata nel bosco”:
da cent’anni la principessa dorme all’interno di un castello nascosto nel centro di una foresta che si infoltisce di giorno in giorno, ogni anno di più, fino a diventare invalicabile, al punto da soffocare questa vita nel sonno. Con la principessa dormono il cane, i domestici, il castello intero, il giardino… Al termine dei cent’anni, il figlio del re vicino viene a sapere dell’esistenza della Bella addormentata. Il suo cuore si infiamma per lei. Decide di andare a svegliarla.
Si possono immaginare le avventure del giovane principe che sfoltisce la foresta per penetrarvi e arrivare fino al centro. Dopo un lungo tempo, con mille ferite, il principe ardente d’amore giunge a deporre sulle labbra della principessa un bacio che la sveglia. Con lei – dettaglio di primaria importanza – si svegliano il cane, i domestici, la casa, il giardino. Tutto questo piccolo universo apre gli occhi. Cos’è successo?
La bella che dorme è Tiphereth-bellezza, il sole dell’essere cui non sarebbe possibile brillare se prima l’uomo non ne ha portato a termine l’ascesa. Non può raggiungerlo se prima non si è spogliato della foresta psichica, cosciente e inconscia, che l’invade, e lo soffoca a poco a poco. Non può intraprendere quest’avventura se non dopo aver preso coscienza della presenza di questa principessa, il suo essere essenziale, spirituale, riflesso e promessa del divino, germe nascosto, addormentato.
Il principe seducente che viene a sapere della presenza della Bella non è altro che la coscienza informata, capace di orientare sul cammino di quest’avventura l’uomo risvegliato al solo desiderio giusto. E l’uomo non può vivere l’avventura se non sotto l’impulso dell’amore, in una dimensione dell’amore di cui, purtroppo, questa parola oggi incredibilmente usurata, non può più rendere l’accezione. Solo l’amore vero permette al principe di attraversare le prove della foresta. Dato il bacio, si ha il risveglio dell’essere.
Teniamo presente che contemporaneamente si risveglia il cosmo intero. I familiari, il cane, il giardino, sono i regni che attendono tutti il risveglio dell’umanità per brillare del loro “vero colore”. Lo possono testimoniare coloro che hanno fatto l’esperienza: il quotidiano, il gesto quotidiano, vissuto fino ad all’ora nella banalità della ripetizione, prende a questo livello un rilievo sempre nuovo: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Apocalisse 21,5).
Dopo aver attraversato il triangolo inferiore, dopo avere superato i dieci gradi corrispondenti alle dieci vertebre (le cinque sacre e le cinque lombari) illustrate così bene dalle dieci piaghe d’Egitto (Genesi 7;8;9;10;11), l’uomo bussa alla porta stretta detta “porta degli uomini”.
Varcata questa porta, sale i dodici gradi delle sue vertebre dorsali. Questo passaggio nel quadrilatero – sola autentica incarnazione – si effettua in tutte le tradizioni sotto il segno del dodecanario: dai dodici mesi dell’anno, le dodici fatiche di Ercole fino alla Gerusalemme celeste aperta su dodici porte, che le dodici tribù di Israele e, dopo di loro, i dodici apostoli della tradizione cristiana prefigurano.
Nella sua ascesa lungo le dodici vertebre l’uomo ara, innaffia e coltiva le sue terre interiori, affinché ognuno, a poco a poco, dia pienamente frutto. Quando tutti i frutti sono raccolti, completata la mietitura, l’uomo bussa alla porta superiore del quadrilatero chiamata “porta degli dei”.
Sette vertebre l’accolgono. È il settenario apocalittico. Ricordiamo l’importanza del numero sette: simbolizza una totalità, dunque una morte, cancellazione necessaria ad una nuova nascita che sarà vissuta nell’otto. L’Apocalisse di Giovanni si apre con le lettere delle sette chiese e continua con il libro dei sette sigilli, di cui il settimo rivela sette angeli ai quali vengono date sete trombe. Quando la settima tromba ha suonato, appare una donna in travaglio di parto.
Ci troviamo di fronte all’ultima e misteriosa nascita.
Sul piano della coscienza questo passaggio al triangolo superiore determina sicuramente l’apertura di un mondo nuovo, la cui sovra-coscienza riveste maggiore importanza nei riguardi del nostro stato cosciente di quanto quest’ultimo non ne abbia rispetto al nostro conosciuto banale. E come accade a questo cosciente di affiorare a livello del conosciuto nella “presa di coscienza” o nel sonno, così la nostra sovra-coscienza trafigge con rari e fulminei tonfi il nostro conosciuto che tratterà così talvolta la sua luce nell’attesa di nascervi definitivamente. Chi potrà negare questa possibilità di conoscere? Chi potrà considerare folle colui che la vive? Chi ha il diritto di giudicare con le categorie che appartengono al conosciuto banale esperienze di risveglio o oniriche che dipendono in realtà dalle categorie del sovra-cosciente?
[Annick de Souzenelle]