Una volta a un rabbi fu chiesto come mai riuscisse ad essere sempre sereno nonostante tutti i suoi numerosi impegni. Egli rispose:
"Quando sono in piedi sono in piedi,
Quando cammino cammino,
Quando sto seduto sono seduto,
Quando mangio mangio,
Quando parlo parlo…".
Gli altri a questo punto lo interruppero, dicendo: Tutto questo lo facciamo anche noi, ma che cosa fai tu in più?". Egli rispose:
"Quando sono in piedi sono in piedi,
Quando cammino cammino,
Quando sto seduto sono seduto,
Quando mangio mangio,
Quando parlo parlo…".
Allora la gente disse:
"Anche noi facciamo le stesse cose". Ma egli rispose loro:
"No,
Quando siete seduti vi state già alzando,
Quando siete in piedi vi state già incamminando,
Quando camminate siete già arrivati alla meta,".
La pratica della consapevolezza, dell'attenzione, è la pratica ascetica più difficile, ma anche la più importante. Si tratta di interrompere continuamente l'appagamento dell'ego, in quanto una persona consapevole non si limita a scorrere con il flusso dell'abitudine e non permette che la propria consapevolezza segua questo corso arbitrario che impedirebbe di penetrare nel profondo. Con la pratica della consapevolezza veniamo condotti al nostro vero sé profondo - allontanandoci dall'ego - e pertanto non siamo più dominati da una mentalità egoistica. Anche altre pratiche ascetiche e privazioni possono rivelarsi necessarie di tanto in tanto, ad esempio una rinuncia a periodi di sonno, ai comfort, al cibo e alla sessualità, nell'intento di agevolare il nostro accesso agli strati più profondi. Per entrare in contatto con la vera vita, però, la pratica della consapevolezza sembra essere fondamentale rispetto a tutto il resto.
"La nostra coscienza personale è come una scimmia", dice un sutra zen. La scimmia salta da un ramo all'altro, si lancia da un albero all'altro, attraversando tutto il bosco. A volte dobbiamo guardarla in faccia e renderci conto che si tratta solo di una scimmia, non della nostra coscienza. Ma non dobbiamo scacciarla. È meglio ritornare semplicemente al nostro esercizio.
Willis Yäger